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Monday, November 8, 2010

Frìtoe nel 21esimo Secolo

Ho sempre avuto dei punti fermi nella vita. Altri sto cercando di aggiungerli al repertorio, come ad esempio preferire la frutta di stagione quando è possibile. La scorsa settimana stavo discutendo con alcuni colleghi stranieri sulla tradizione veneziana della Frìtoea, conosciuta anche come Frittella, che misteriosissimamente si trova e si consuma solo a carnevale, dal 7 Gennaio al Martedì Grasso. Lo dicevo con un misto di stupore per la persistenza di questa tradizione e anche di orgoglio per questo segno identitario della mia genia.
Poi tutto è crollato lo scorso fine settimana. Non ho frequentato l'Italia molto spesso negli ultimi anni, quindi sono rimasto molto sorpreso quando, a inizio Novembre, bar e pasticcerie distribuivano come se nulla fosse le frìtoe, per giunta calde.
Cercando di capire perché questo piccolo fatto mi ha colpito così nel profondo, credo di essere arrivato a una risposta convincente. La frìtoea fuori stagione è l'emblema della società del tutto-e-subito, questo virus pandemico, non gridato dai TG, le cui manifestazioni peggiori sono rappresentate dal darla via per entrare nella casa del Grande Fratello.
La frìtoea a carnevale, per me, non aveva il sapore della tradizione a tutti i costi, né dell'identificazione culturale. Era una specie di esercizio spirituale. In quasi tutte le religioni (dico quasi solo perché non le conosco tutte), le pratiche monacali sono spesso delle autorestrizioni imposte per esercitare i muscoli della consapevolezza, della moralità, e così via. Le frìtoe a Carnevale erano l'esercizio dell'attesa, e vederlo cancellato mi turba.