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Tuesday, December 20, 2011

Un veneto in Veneto

Quando ero più giovane ero estremamente sensibile al "freschìn". Per quei pochi miliardi di persone che non lo sapessero, il freschìn è un sentore fastidioso che rimane avvinghiato a posate e bicchieri dopo che sono stati in contatto con del pesce, delle uova o del pollo crudi. Non è un vero e proprio odore, anche se deriva dalla presenza di trimetilammina a bassa concentrazione e produce una sensazione sgradevole direttamente nel cervello. Io ne ero quasi ossessionato e odoravo ogni bicchiere e posata prima di usarla, e li scartavo senza pietà per chi quelle posate aveva lavato in totale buona fede.
Chi è nato e vive in Veneto, vicino a Venezia in particolar modo, sa di cosa parlo e sta storcendo il naso in segno di disgusto, similmente a come qualcun altro potrebbe reagire al concetto di "limone" (il peggior nemico del freschìn, a proposito).
Ora però non soffro più se un bicchiere ha avuto qualche passata interazione con dell'azoto legato a dei gruppi alchilici. Dopo essere vissuto lontano dal Veneto, "freschìn" è diventata una parola vaga e quasi senza senso, a parte la definizione formale che ancora riconosco grazie all'apprendimento formale.
Quello che è successo potrebbe essere ascritto a una crescente insensibilità dei miei ricettori invecchiati, ma probabilmente non lo è, altrimenti non si spiegherrebbe come persone più anziane di me ne sono ancora suscettibili. Quello che è successo è che, avendo cambiato lingua per troppo tempo, quelle parole che erano solide sono diventate solo suoni, e i miei sensi si sono adeguati alla scomparsa dalla mia realtà di qualcosa di fastidioso. Non male dopo tutto fare a meno del freschìn.

Post Scriptum. Non pretendo che il contenuto di questo post sia rispondente alla realtà materiale, quindi se le informazioni quantitative qui sopra riportate fossero false, fatevene semplicemente una ragione.

Saturday, October 29, 2011

Una vita all'ombra del Sistema


L'avrete senz'altro letto da qualche parte, c'è una nuova teroria unificata dell'universo così semplice che i fisici di tutto il mondo stanno cercando di demolire forsennatamente. Se questa teoria risultasse vera, il lavoro dell'ultimo secolo si dimostrerebbe completamente fuori strada. Teorie di campo quantistico, increspature, stringhe, anelli, omotopi a 8 dimensioni. Quello che serviva era una semplice intuizione per interpretare l'equazione di Schredingler come forma speciale della teoria della relatività generale. In realtà, ancora più semplicemente, bastava intuire la ragione profonda per cui il modello Newtoniano fosse sbagliato. Di fatto, non ho scritto io le equazioni necessarie, ho solo formulato l'idea di base e descritto il metodo a parole, quindi forse non ho tutto il merito della scoperta.

Quella teoria l'ho sviluppata io ma è stata pubblicata dal gruppo di ricerca dell'università di Bergen in cui lavora un amico a cui avevo enunciato l'idea. Non c'è alcun rancore in me, ho dato il il permesso di pubblicare senza il mio nome. Non essendo laureato in fisica non posso far parte di un gruppo di ricerca di fisica teorica, in base a una risoluzione dell'ONU. Se avessero messo il mio nome il governo avrebbe potuto decurtargli i fondi per uso illecito di finanziamenti pubblici. Poi io lavoro come impiegato in un catena di saloni di bellezza, non avrei le competenze per fare il professore universitario.

Come non avrei le competenze per fare il medico, o l'artista, anche se i miei amici medici e artisti dicono di trovare le mie idee estremamente valide e spesso le usano. Ho scritto un romanzo, giusto per il gusto di scriverlo, pubblicato e tradotto in sette lingue da un laureato in lettere che mi rilascia parte dei proventi rischiando parecchio con il fisco. Che ci volete fare, ho sempre sofferto gli effetti della curiosità. Ho passato tutta la mia vita a leggere tutto quello che trovavo e ad elaborare tutte quelle idee mescolandole, reinventandole, e perdendo lavori dopo lavori. Tutto tempo sprecato alla fine, visto che oggi non sono ricco, non ho nessuna relazione fissa, non ho figli, ma solo un certo numero di ex che, di volta in volta, si rifanno vive dicendomi quanto sono speciale e che dovrei curare di più la mia igiene personale.

Saturday, October 8, 2011

Il Valore della Vita $$$

Qual è il valore della vita? Sentiamo da qualche anno che "la vita è sacra," ma bisogna mettersi d'accordo su che vita stiamo parlando.

Qualche secolo fa molte navi partivano per commerciare con paesi lontani, per esplorare nuove aree alla ricerca di ricchezze, o per assaltare le navi che intraprendevano quelle imprese. Erano viaggi costosi e spesso il capitale necessario era condiviso, per ridurre i rischi, da facoltosi affaristi che, in piedi sui moli, aspettavano il ritorno dei loro investimenti.

Ma sopra quelle navi c'erano capitani, marinai, mozzi, non meno consci dei loro finanziatori dei rischi a cui andavano incontro. E il rischio era di non tornare.

I primi astronauti in viaggio verso la Luna non potevano certo essere scarichi di adrenalina al pensiero che una qualche parte di quel progetto mastodontico cedesse irreparabilmente. Anche i politici a terra di adrenalina ne avevano, perché se qualcosa fosse andato storto i Russi avrebbero vinto e le loro "teste" sarebbero saltate. Non è curioso dire "teste" quando in realtà quello che saltava era solo il loro lavoro e quello che loro definivano "potere"? Ma le vite perse sarebbero state quelle degli astronauti, che nessuno immagina disperati per questa eventualità.

Marinai e astronauti non erano depressi, in generale. Erano determinati a farcela e a vendere cara la pelle, ma probabilmente non erano intenzionati a rinunciare una volta iniziato il viaggio. Credo possiamo essere sicuri che il valore che associavano alla propria vita era molto alto, anche se un pizzico di incoscienza faceva deprezzarne il valore rispetto, che so, ai finanziatori e politicanti che li ingaggiavano.

Il valore che questi ultimi davano alla vita degli avventurieri era senza dubbio minore di quella che sia gli avventurieri che i finanziatori assegnavano alle loro stesse vite che. Chiaramente le consideravano confrontabili col valore delle merci che sarebbero tornate con le navi, o del prestigio internazionale ottenuto mettendo il primo piede sul suolo di un corpo extraterrestre.

Quindi, che senso ha dire che la vita è sacra? Mi pare che la risposta dipenda da quale vita (e di chi) stiamo parlando. Pare sia giusto che ognuno assegni il valore della propria vita, mentre appare meno sensato che siano altri ad assegnarcelo. Proprio per questo i marinai e gli astronauti ci stanno simpatici, mentre gli affaristi e i politici molto meno. I primi hanno deciso che il valore della loro vita era minore del valore dell'impresa, per qualche motivo.

Oggi pare che, a parole, il valore della vita degli altri sia altissimo, tanto che "safety first" (scritto sulle tendine della mia macchina) diventa una catena, un vincolo, più che una conquista. Oggi al cittadino si da il diritto di essere pigro, stupido, grasso, superficiale, ma guai a lui se prova a farsi male. La cultura della paura permette di vendere ogni cosa faccia sentire sicuro, la cultura della supremazia permette di vendere ogni cosa ci faccia sentire migliori. Ma mi chiedo se questo sentirsi così unici da non pensare di poter essere rimpiazzati, e così preziosi da non poter essere minacciati, sia forse uno degli aspetti che rendono le vite meno interessanti e avvincenti per le stesse persone che le vivono. Che sia perché non c'è più niente da scoprire che non ci sono più così tante imprese memorabili, o che sia perché a nessuno viene in mente o è autorizzato a tentarle? 


Un argomento simile si può trovare in questo talk di Mike Rowe

Monday, July 25, 2011

Schiavi della stupidità - Fantascienza poco interessante

L'informatica sta pure avanzando nello sviluppo dell'intelligenza artificiale e dei robot umanoidi, ma questi che sono i tipici incubi della fantascienza sono ancora molto remoti rispetto alle subdole minacce che si stanno profilando a un orizzonte molto più vicino, proprio a causa dell'informatica.

C'è un mio post da qualche parte in cui faccio ammenda confessando che l'informatica sta rendendo tutti più stupidi. Probabilmente era una visione pessimista, ma che qualcosa stia cambiando nel modo in cui usiamo il cervello è ormai dimostrato. Facciamo sempre meno piani a lungo termine perché usiamo i cellulari, memorizziamo sempre meno informazioni limitandoci a ricordare dove le informazioni possono essere recuperate (Google NdA), non ci ricordiamo nemmeno dei compleanni dei nostri cari perché ci pensano i social network a rammentarceli.

A parte questo effetto fisiologico, che potrebbe far sviluppare altre facoltà cerebrali fin'ora meno necessarie, con un risultato netto non in perdita, si aggiunge un effetto molto più inquietante di pura schiavitù. A schiavizzarci saranno dei programmi per computer sviluppati da ignari matematici sovrappeso, che sperperano il loro stipendio in giochi di ruolo online. Questi programmi agiscono automaticamente nei mercati grazie all'algorithmic trading, decidono i prezzi dei libri che compriamo su Amazon, ci consigliano i film da vedere su Netflix, ci raccomandano chi dobbiamo conoscere su Facebook o Linkedin, ci consigliano che prodotti comprare consigliando ai supermercati dove posizionare birre e pannolini, tra un po' decideranno quali film vedremo al cinema, quali libri sarà conveniente pubblicare, il tutto senza intervento umano. Sarà un attimo che, quando la maggior parte del mercato sarà gestita autonomamente da questi sistemi, quei libri saranno quasi esclusivamente i soli ad essere pubblicati, quei film i soli ad essere prodotti, etc. Noi saremmo solo acquirenti poco informati e poco liberi, ma illusi di essere sia molto informati che molto liberi. Dei veri e propri schiavi, quindi, più felici più scintillanti sono le proprie catene.

Ma non è solo questo che mi preoccupa. Sebbene questo possa sembrare molto simile a quello che accadeva in Matrix, dove gli esseri umani erano trasformati in pile elettriche, mentre erano illusi di essere liberi e felici, c'è una sottile e insopportabile differenza. In Matrix il genere umano era oppresso da un calcolatore incredibilmente intelligente oltre che potente, noi, invece, ci stiamo trasformando in schiavi di computer per niente innovativi che eseguono programmi estremamente approssimativi, rozzi, grossolani. Ci stiamo schiavizzando in modo stupido.

Una fonte interessante la trovate qui.

Friday, June 17, 2011

(Ribadire l'ovvio) Sulle prerogative della stampa

Credo di avere già accennato a quella che io considero la natura della sensazione del vero. In due parole ci sembra vero ciò che risuona (non uso questa parola a caso) nella nostra coscienza, un po' come riesce a fare la poesia.

Proviamo piacere ogni volta che cogliamo qualcuna di queste verità visto che o ci illuminano o ci confortano (in quanto riteniamo di "averle pensate anche noi, magari in termini diversi"). Una simile sensazione l'ho avuta ieri leggendo il titolo di un quotidiano.

Il titolo era (più o meno): "I social network sono utilizzati per promuovere se stessi." Leggendolo mi sono detto "ovvio, è come fanno efficacemente alcuni delle mie conoscenze che allargando la propria rete di conoscenze aumentano la possibilità di avere ingaggi." Si tratta per loro di lavori da free-lance. Chiedendomi perché trovavo questo titolo così ovvio ho realizzato una cosa che sapevo già, che avevo già colto ma mai formulato così chiaramente, una sensazione di verità.

L'informazione mass-mediatica non produce tendenze ma, al più le amplifica. Che la gente usi i social network per promuoversi (ho anche una bella interpretazione narrativa che posterò prima o poi in questo blog) mi sembrava ovvia perché è un uso che conosco e che so quindi essere abbastanza ovvio, il fatto che la stampa ci sia arrivata solo ora dimostra che non è la stampa a inventare né le tecnologie né il loro uso. Nemmeno gli ideatori di facebook immaginavano un uso del genere, all'inizio, è stata una certa percentuale delle persone a usare questa tecnologia in quel modo e per quello scopo. La stampa ha il potere però di amplificare i fenomeni, portarli a conoscenza ad altri che possono imparare ora a promuoversi, partendo secondi e mediamente con minore innovazione, potendo solo influenzarli per l'impatto che ha su eventuali masse critiche.

Era solo così, per condividere una sensazione di verità.

Sunday, May 1, 2011

Corti, cortigiani, schiavisti e schiavi

Divertente l'aforisma di Wilde che dice che i banchieri a cena parlano di arte e gli artisti di soldi. Vorrei fare un post politico, polemico, quasi programmatico, in questo primo Maggio un po' snaturato.

L'arte nella società di oggi non ha una natura rituale, né produce utilità. L'espressione di sé è fine a se stessa e ha successo solo quando riesce ad arredare le molte stanze di poche corti, dove oziosi signori e compiacenti cortigiani gozzovigliano inebriati, oppure quando riescono a entrare in qualche esibizione, importante, mondiale, curata per non turbare troppo le coscienze e compiacere qualche altra, momentanea, categoria.

I nuovi schiavi si compiacciono dei loro acquisti, i nuovi schiavisti li convincono che così sono liberi. I signori guadagnano in possedimenti che non sono territoriali ma di coscienze, di consenso, di impunità, di reverenza, di potere. Gli schiavisti non sono i padroni, sono i creativi, quelli che sfruttano le tecniche dell'arte per stupire e convincere. Non più fruste ma trenta secondi di fantasia di qualcun altro. Gli schiavisti, come sempre, sono schiavi anche loro, solo con delle colpe in più.

Il sistema regge perché i signori ci hanno convinto che esistono delle scatole in cui possiamo categorizzare ogni cosa. L'arte è in una scatola di plastica colorata, il lavoro in una di metallo, il divertimento in una di gomma, la felicità in una di vetro e la libertà in una di carta. La vita, ci dicono, non è una, è fatta di fasi e di momenti, ognuna col suo equipaggiamento da acquistare in un megastore appropriatamente istituito.

Tempo è che si torni a far vibrare le coscienze, a svegliarle, per accelerare il momento in cui tutto si sommuoverà e cadranno teste e si alzeranno bandiere, in attesa che poi altri signori, altri cortigiani, altri schiavi, popolino il mondo. Ma per un piccolo lasso essere davvero umanità.

Saturday, February 19, 2011

L'Emancipazione dell'Alternativa

(Post Sperimentale)
A volte un titolo ben piazzato cancella ogni necessità di aggiunte e spiegazioni. L'idea era di fare una considerazione, pomposa e vastamente inutile, sulla sperimentazione come mezzo necessario alla comprensione,  apprendere per dissezione oltre che esperire tout court [1]. Impadronirsi attraverso la comprensione profonda delle parti compositive e delle loro relazioni [2], di concetti, linguaggi, strumenti [3]. Poi, illuminato dal titolo da dare al post, ho visto l'inutilità di aggiungere altro. La comprensione profonda porta alla consapevolezza [4] e, quindi, alla contemplazione (sia come individuazione di una possibilità che come ammirazione estatica[5]) di alternative [6], possibili o immaginarie a seconda dei mezzi [7] e della volontà [8]. Possiamo inventare una macchina per le alternative. A volte il semplice accostamento di elementi sintattici crea concetti a sé stanti, capaci di sorreggersi sulle proprie verità, per loro natura parziali, ma nonostante tutto inequivocabili [9]. In una incredibile coincidenza, ne stanno parlando proprio adesso alla radio a proposito della metafisica di De Chirico, in cui l'assemblaggio di elementi concreti in combinazioni inusuali, crea la sua famosa metafisica. Più banalmente e più spesso crea solo momenti di verità plausibile, ma a volte sufficiente e autosufficiente. La combinazione casuale di elementi sintattici genera anche quelle che ho chiamato, qui sopra, le esperienze tout court. La loro dissezione consente il raggiungimento di una più profonda conoscenza e, quindi di maggiore consapevolezza.


[1] Intendo la differenza tra il "fare una esperienza nuova" e l'"investigare i dettagli di esperienza note al fine di comprenderle meglio." Fare una esperienza nuova è solo l'inizio, il primo passo, un quasi niente.

[2] Le relazioni sono la sorgente di quella che viene chiamata, a mio avviso troppo approssimativamente, l'"emergenza," cioè il fenomeno che è più della somma delle sue parti.

[3] Diciamo che i linguaggi sono gli aspetti che mi interessano di più, e che includono tutti gli altri. Un linguaggio serve a comunicare. Meglio si conosce il linguaggio, più precisa è la comunicazione. Per linguaggio si intende, chiaramente, il linguaggio della pittura, della fotografia, della scrittura, della conversazione, etc. Ogni linguaggio è derivato da una tecnica. Impadronirsi di una tecnica permette l'uso del linguaggio. Non è automatico che conoscere la tecnica permetta di comunicare, ma senza la sua conoscenza non si può comunicare.

[4] In inglese "awareness," il rendersi conto, il sentire l'esistenza. Un concetto forse panteistico.

[5] Contemplare significa, infatti, entrambe le cose. La contemplazione del primo tipo è l'alimento dell'anima attraverso l'infusione di un'idea. La bellezza è la forma dell'idea. La bellezza è un concetto relativo che dipende in modo esclusivo dall'osservatore. L'uso della metafora visuale è limitativa, il bello giunge da tutti i sensi. Il bello e la consapevolezza sono talmente legati che l'uno non esiste senza l'altra.

[6] Conoscendo un linguaggio si possono immaginare i suoi usi, nuovi, alternativi. L'uso del linguaggio è sempre allo scopo di comunicare. Sarà la scelta individuale a determinare quale messaggio mandare, ma se si conosce il linguaggio, le alternative sono sempre visibili, non si manda mai il messaggio perché questo è l'unico possibile. Se questo fosse il caso, non esisterebbe messaggio, o per dirla in altri termini, il messaggio non porterebbe nessuna informazione.

[7] Ogni linguaggio ha dei limiti tecnici, come un quadro non emette suoni, o una musica non ha forma tridimensionale. Inoltre, i costi (fatica, tempo, soldi, vita) limitano l'uso della tecnica e quindi le possibilità del linguaggio.

[8] In [6] si nomina la scelta individuale, quindi la volontà.

[9] Elementi sintattici del linguaggio, quindi i risultati dell'applicazione della tecnica. Conoscere questi elementi permette di generare messaggi.

Friday, February 18, 2011

Risparmio energetico nell'ordine naturale

C'è una legge fisica che sembra regnare in tutti i sistemi macroscopici. Dice che, se lasciato libero, un sistema tende alla condizione di minima energia. Pur essendo un enunciato molto semplice, un principio come questo  mette sotto una prospettiva comune molti fenomeni, dalla semplice dinamica dei corpi, alla vita. Si tratta di un principio globale, cioè che si applica a un sistema complessivo.

Si può trasporre questa legge energetica in una legge economica, non nel senso di economia del denaro, ma economia delle risorse. Un branco di erbivori, il mio esempio favorito di società, esiste perché la struttura consente a questi animali di sopravvivere al meglio nell'ambiente (naturale) in cui vivono. Difendersi meglio dagli attacchi, proteggere i piccoli, etc.

Un altro esempio che si può fare dell'applicazione di questa legge si può avere considerando che il numero di erbivori supera di parecchio il numero di carnivori in ogni regione del pianeta. Sì può spiegare facilmente il fenomeno osservando che il per produrre un chilo di carne di erbivoro servono 10 chili di vegetazione, e per produrre 1 chilo di carnivoro servono 10 chili di erbivoro (i numeri sono indicativi). Quindi esistono più consumatori di erba che di carne, per una questione energetica del sistema planetario.

Si può ipotizzare che gli esseri umani si siano sempre organizzati in strutture sociali per motivi energetico/economici, con l'addizionale vantaggio culturale che ha reso possibile la divisione del lavoro. La società sarebbe quindi una necessità dettata dall'ottimizzazione delle risorse e la minimizzazione dell'energia (in senso fisico).

Pare che la società umana, però, forse sopravvalutando natura del proprio sviluppo, chiamato recentemente progresso, abbia sovvertito (localmente, la legge globale funziona ancora, l'energia diminuisce, non aumenta) la legge fisica, puntando a un incremento dell'uso di energia, che possiamo anche considerare furto sotto molti punti di vista. La decrescita felice, sottostante alla giornata di m'illumino di meno, è anche un modo di riconquistare un rapporto più naturale con la natura stessa. questo sarebbe un bel obiettivo per le nuove generazioni (ma anche la mia) per orientare lo sviluppo futuro (che forse potremmo chiamare ancora progresso) verso una dimensione più umana.

Non so quanto questo ragionamento sia una provocazione, forse meno di quanto si possa credere.

Friday, January 28, 2011

I Fondamentali

Travolti dal rumore non riusciamo a discutere delle questioni nel merito. Ormai pensiamo per slogan. Quindi ho deciso di non fare parte del coro e non solo andare al nocciolo delle questioni, ma di tentare (con quali risultati non so) di stravolgere le idee, smontarle e vedere di cosa sono fatte.

Così colgo l'occasione per spingermi oltre, e mi pongo domande più radicali. Per esempio, misurare il benessere considerandolo proporzionale al PIL è giusto? Lo Stato ha convenienza a vendere le sigarette ai cittadini, in quanto, oltre che ricevere incassi diretti dalla vendita del tabacco, aumenteranno le spese mediche, quindi il PIL. Produrre i pezzi di auto in Polonia, assemblarli in Sicilia, Commercializzarli in Piemonte produce molto PIL, oltre che smog. Produce (direttamente) anche benessere per l'individuo?

Il diritto di voto è davvero universale? Tutte le legislazioni in merito, almeno fino a qualche decennio fa, richiedevano l'alfabetizzazione ai votanti, cioè un minimo di capacità (almeno in potenza) di informarsi, e quindi formasi un giudizio. Oggi che siamo tutti alfabetizzati, e che il mondo è così complicato, e che gli Italiani si dimostrano così ignoranti di fronte a concetti fondamentali di libertà, costituzione, democrazia, non sarebbe il caso di dare il diritto di voto solo a chi supera un esame di conoscenza, per esempio, della Costituzione e del suo significato?

Il mio solito tema: invece che fare regole per complicare la vita alla gente comune e non a chi le leggi non le seguirebbe comunque, facciamo delle regole che spingano le persone a comportarsi in modo onesto? Qualche idea: facciamo che si possano scaricare dalle tasse molte spese, quelle del dentista per esempio, così quando ci chiede se vogliamo la ricevuta, gli diciamo "sì, certo." Invece di lamentarci dei concorsi truccati, facciamo che chi fa assumere qualcuno se ne assume la responsabilità (mica che devono essere sepolti assieme, per carità, ma una decurtazione dello stipendio, per esempio), così magari non assumerà il cugino.

In ogni periodo storico ci sono i nobili, quelli che accumulano e si godono la ricchezza. Al giorno d'oggi sono i manager, che arrivano a condotte schifose perché magari hanno un buon pacchetto azioni dell'azienda in cui lavorano. (Sapete, no? Se i bonus arrivano in base alle azioni, quello che importa è far salire le azioni, e se annunciare licenziamenti (e farli) fa alzare il titolo, al manager conviene personalmente farlo.) Se abbassiamo i compensi dei manager, però, spunterà una nuova categoria che si ingrasserà sulle spalle degli altri. Compriamo cellulari a tutto andare, capi firmati, ci indebitiamo, solo per arricchire pochi "monarchi," che ci guardano come il macellaio guarda il manzo. Conquistiamo la dignità, impossessiamoci di noi stessi, riconosciamo la nostra umanità e comprendiamo la nostra essenza. Non cerchiamo di essere come loro, ma sentiamo la nostra unicità, apprendiamo la consapevolezza di esistere, troviamo uno scopo che ci realizzi, invece che lobotomizzarci seguendo i modelli che ci vogliono propinare per poterci sfruttare illudendoci.

Uhmm... troppo lungo, eh?

Wednesday, January 26, 2011

Né/Sia di Destra né/sia di Sinistra

Mi riprometto sempre di non perdere il mio tempo a ripetere cose che sono note da decenni, se non secoli. Ma pare che in un'Italia anestetizzata da una rimbombante dittatura della (presunta) maggioranza, anche le cose più ovvie sono bellamente dimenticate, o bollate in vario modo: comuniste, di sinistra, finiane, antiberlusconiane, anti-italiane, e una serie di epiteti meno ideologici e più offensivi.

Faccio un esempio: i miei amici francesi non fanno che ripetermi che "se una persona è senza un tetto, è anche un problema mio." La tentazione di etichettare il discorso come ideologico, comunista, utopico è forte, ma sarebbe solo il risultato di una analisi banale, che mi vergogno quasi a fare, non fosse che credo che anche le analisi banali, al giorno d'oggi, serve ripeterle.

Il ragionamento è questo: se ci sono persone senza casa, senza soldi, senza futuro, questo avrà implicazioni sulla società futura, sull'economia (non comprano e non producono), sulla sicurezza (saranno indotti a delinquere), sulla politica (spesso con norme repressive), e così via. Anche a essere individualisti e guardare solo alla nostra famiglia, affrontare il problema sul lungo termine conviene, ne vale del futuro nostro, dei nostri figli e dei nostri nipoti. E non centrano niente discorsi di solidarietà, uguaglianza, giustizia, temi tabù nel berlusconismo, centri solo tu, il tuo futuro, e quello della tua famiglia.

Si tratta, in soldoni, di puntare alla pace sociale, che è l'unico modo di realizzare, o approssimare, quello che la democrazia è, ovvero un sistema che permette il cambiamento senza violenza.

Mi scuso per questa serie di banalità.