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Saturday, February 19, 2011

L'Emancipazione dell'Alternativa

(Post Sperimentale)
A volte un titolo ben piazzato cancella ogni necessità di aggiunte e spiegazioni. L'idea era di fare una considerazione, pomposa e vastamente inutile, sulla sperimentazione come mezzo necessario alla comprensione,  apprendere per dissezione oltre che esperire tout court [1]. Impadronirsi attraverso la comprensione profonda delle parti compositive e delle loro relazioni [2], di concetti, linguaggi, strumenti [3]. Poi, illuminato dal titolo da dare al post, ho visto l'inutilità di aggiungere altro. La comprensione profonda porta alla consapevolezza [4] e, quindi, alla contemplazione (sia come individuazione di una possibilità che come ammirazione estatica[5]) di alternative [6], possibili o immaginarie a seconda dei mezzi [7] e della volontà [8]. Possiamo inventare una macchina per le alternative. A volte il semplice accostamento di elementi sintattici crea concetti a sé stanti, capaci di sorreggersi sulle proprie verità, per loro natura parziali, ma nonostante tutto inequivocabili [9]. In una incredibile coincidenza, ne stanno parlando proprio adesso alla radio a proposito della metafisica di De Chirico, in cui l'assemblaggio di elementi concreti in combinazioni inusuali, crea la sua famosa metafisica. Più banalmente e più spesso crea solo momenti di verità plausibile, ma a volte sufficiente e autosufficiente. La combinazione casuale di elementi sintattici genera anche quelle che ho chiamato, qui sopra, le esperienze tout court. La loro dissezione consente il raggiungimento di una più profonda conoscenza e, quindi di maggiore consapevolezza.


[1] Intendo la differenza tra il "fare una esperienza nuova" e l'"investigare i dettagli di esperienza note al fine di comprenderle meglio." Fare una esperienza nuova è solo l'inizio, il primo passo, un quasi niente.

[2] Le relazioni sono la sorgente di quella che viene chiamata, a mio avviso troppo approssimativamente, l'"emergenza," cioè il fenomeno che è più della somma delle sue parti.

[3] Diciamo che i linguaggi sono gli aspetti che mi interessano di più, e che includono tutti gli altri. Un linguaggio serve a comunicare. Meglio si conosce il linguaggio, più precisa è la comunicazione. Per linguaggio si intende, chiaramente, il linguaggio della pittura, della fotografia, della scrittura, della conversazione, etc. Ogni linguaggio è derivato da una tecnica. Impadronirsi di una tecnica permette l'uso del linguaggio. Non è automatico che conoscere la tecnica permetta di comunicare, ma senza la sua conoscenza non si può comunicare.

[4] In inglese "awareness," il rendersi conto, il sentire l'esistenza. Un concetto forse panteistico.

[5] Contemplare significa, infatti, entrambe le cose. La contemplazione del primo tipo è l'alimento dell'anima attraverso l'infusione di un'idea. La bellezza è la forma dell'idea. La bellezza è un concetto relativo che dipende in modo esclusivo dall'osservatore. L'uso della metafora visuale è limitativa, il bello giunge da tutti i sensi. Il bello e la consapevolezza sono talmente legati che l'uno non esiste senza l'altra.

[6] Conoscendo un linguaggio si possono immaginare i suoi usi, nuovi, alternativi. L'uso del linguaggio è sempre allo scopo di comunicare. Sarà la scelta individuale a determinare quale messaggio mandare, ma se si conosce il linguaggio, le alternative sono sempre visibili, non si manda mai il messaggio perché questo è l'unico possibile. Se questo fosse il caso, non esisterebbe messaggio, o per dirla in altri termini, il messaggio non porterebbe nessuna informazione.

[7] Ogni linguaggio ha dei limiti tecnici, come un quadro non emette suoni, o una musica non ha forma tridimensionale. Inoltre, i costi (fatica, tempo, soldi, vita) limitano l'uso della tecnica e quindi le possibilità del linguaggio.

[8] In [6] si nomina la scelta individuale, quindi la volontà.

[9] Elementi sintattici del linguaggio, quindi i risultati dell'applicazione della tecnica. Conoscere questi elementi permette di generare messaggi.

Friday, February 18, 2011

Risparmio energetico nell'ordine naturale

C'è una legge fisica che sembra regnare in tutti i sistemi macroscopici. Dice che, se lasciato libero, un sistema tende alla condizione di minima energia. Pur essendo un enunciato molto semplice, un principio come questo  mette sotto una prospettiva comune molti fenomeni, dalla semplice dinamica dei corpi, alla vita. Si tratta di un principio globale, cioè che si applica a un sistema complessivo.

Si può trasporre questa legge energetica in una legge economica, non nel senso di economia del denaro, ma economia delle risorse. Un branco di erbivori, il mio esempio favorito di società, esiste perché la struttura consente a questi animali di sopravvivere al meglio nell'ambiente (naturale) in cui vivono. Difendersi meglio dagli attacchi, proteggere i piccoli, etc.

Un altro esempio che si può fare dell'applicazione di questa legge si può avere considerando che il numero di erbivori supera di parecchio il numero di carnivori in ogni regione del pianeta. Sì può spiegare facilmente il fenomeno osservando che il per produrre un chilo di carne di erbivoro servono 10 chili di vegetazione, e per produrre 1 chilo di carnivoro servono 10 chili di erbivoro (i numeri sono indicativi). Quindi esistono più consumatori di erba che di carne, per una questione energetica del sistema planetario.

Si può ipotizzare che gli esseri umani si siano sempre organizzati in strutture sociali per motivi energetico/economici, con l'addizionale vantaggio culturale che ha reso possibile la divisione del lavoro. La società sarebbe quindi una necessità dettata dall'ottimizzazione delle risorse e la minimizzazione dell'energia (in senso fisico).

Pare che la società umana, però, forse sopravvalutando natura del proprio sviluppo, chiamato recentemente progresso, abbia sovvertito (localmente, la legge globale funziona ancora, l'energia diminuisce, non aumenta) la legge fisica, puntando a un incremento dell'uso di energia, che possiamo anche considerare furto sotto molti punti di vista. La decrescita felice, sottostante alla giornata di m'illumino di meno, è anche un modo di riconquistare un rapporto più naturale con la natura stessa. questo sarebbe un bel obiettivo per le nuove generazioni (ma anche la mia) per orientare lo sviluppo futuro (che forse potremmo chiamare ancora progresso) verso una dimensione più umana.

Non so quanto questo ragionamento sia una provocazione, forse meno di quanto si possa credere.